Dalla tesi di Vincenzo Arena (2009) la storia del cronista affidata alle parole della figlia Sonia che esalta il ruolo dei corrispondenti locali nella lotta alla mafia

Domanda banale, ma necessaria per chi ancora non conosce suo padre, la sua storia. Chi era Beppe Alfano? Ci descrive il Beppe Alfano privato? Il padre di famiglia, il marito, l’uomo il suo carattere e le sue passioni?

Era un professore di educazione tecnica con la passionedel giornalismo. Comincia come giornalista sportivo – moltiricordano ancora a Messina le sue radiocronache – fino adapprodare alle tv locali e alla carta stampata. Aveva messosu una squadra di calcio in varie realtà in cui aveva insegnato. Era anche un sindacalista molto attivo che agiva in difesa dei diritti degli insegnanti. Un uomo normale che aveva una sua famiglia. Il tempo trascorso a casa era molto intenso. Ricordo ad esempio che a casa mia quando si cenava quasi mai si teneva la televisione accesa perché quello era il momento deputato a parlare di cosa avessimo fatto a scuola noi, di cosa avesse fatto sul lavoro lui o durante la giornata. Caratterialmente era molto forte, molto determinato, ma estremamente sensibile. Amava tantissimo le piante e aveva un pollice verde straordinario. Aveva passioni assolutamente normali come il calcio, l’automobilismo…

Con la sua attività di cronista onesto e attento batté piste oscure che portarono ad intrecci fra mafia, politica, imprenditoria in una provincia, quella di Messina, che molti ritenevano “babba”, tranquilla, non mafiosa. Nellospecifico su quali affari “sporchi” aveva fatto luce?

Mio padre aveva fatto luce su alcune vicende davvero incredibili. Traffico di sostanze stupefacenti, traffico di armi con paesi del sud America, truffe ai danni della Comunità europea nel campo degli agrumi e dell’allevamento dei bovini. Aveva denunciato le irregolarità dell’AIAS e quelle dell’assegnazione degli appalti da parte del comune di Barcellona, solito assegnare gli appalti stessi senza indire gare. Inoltre aveva illuminato vicende oscure riguardanti logge massoniche molto diffuse nel messinese, ma che a Barcellona Pozzo di Gotto riunivano all’epoca personaggi di tutto rispetto.

La sera dell’8 gennaio 1993, proprio Lei apprese, “in diretta” telefonica con la redazione de La Sicilia, che suopadre era stato ammazzato. Ci descrive quel momento?Quale fu in Lei, giovanissima, la prima reazione:incredulità, rabbia? In famiglia, prima di quella sera, eramai emersa la paura che le cose potessero degenerare fino a quel punto?

Lui era appena arrivato sotto casa, aveva accompagnato mia madre dopo averla presa dalla stazione. Aveva già parcheggiato, quando ad un certo punto si era accorto che qualcuno lo stava osservando. Fece entrare mia madre nel portone e le disse di chiudersi in casa. Mise di nuovo l’automobile in moto e andò via. Probabilmente seguì le persone che aveva visto, che avevano attirato la sua attenzione. Fece il giro dell’isolato, si fermò a parlare con quello che poi si è rivelato il suo assassino. Gli vennero sparati tre colpi di pistola. Io in effetti avevo cominciato a chiamare mio padre al cellulare perché gli avevo chiesto, poco prima che uscisse per andare a prendere mia madre, se si sarebbe trattenuto fuori. Quando mia madre rientrò la sua assenza mi era sembrata poco chiara. Il suo cellulare squillava a vuoto e io cominciai a sentire delle sirene che da lontano si zittivano proprio nei pressi di casa mia. Cominciai a fare alcune telefonate ai suoi colleghi per sapere se con loro c’era mio padre, ma uno mi disse “No, tuo padre non l’ho sentito, lo sto cercando anche io perché c’è stato un morto eccellente a Barcellona ed è proprio sotto casa tua”.

Poi mi chiamò la redazione per sapere se avessi visto mio padre, se sapessi dov’era e io risposi di no, che lo stavamo cercando anche noi. Fu in quel momento che entrò in redazione un’altra persona che chiamò il giornalista con cui stavo parlando al telefono e gridò “Emilio, Emilio … hanno ammazzato Alfano”. Ho appreso così della morte di mio padre. Misi giù subito il telefono, avevo mia madre davanti e le riferì ciò che avevo sentito. La prima reazione fu di come quando ti cade il mondo addosso perché non è incredulità dato che noi vivevamo già con questa minaccia da circa tre mesi. E poi dolore, la rabbia è subentrata dopo, forse non è neanche giusto dire che provi qualcosa dato che in quel momento le tue funzioni si fermano, non mangi, non dormi, non hai necessità di fare nulla perché ti sembra di essere piombato in un incubo e aspetti che da un momento all’altro ti possa risvegliare. Poi con il passare dei giorni ti rendi conto che non ti risvegli e quindi lì subentra la rabbia. La rassegnazione non credo invece che possa mai subentrare, ci vuole tempo. In famiglia vivevamo questo momento non come ipotetico, ma come molto prossimo. Mio padre ci aveva già raccontato che era stato minacciato e che alcuni esponenti barcellonesi gli avevano proprio promesso … gli avevano detto: “Se non smetti di scrivere, saluta la tua famiglia che tu al 20 gennaio non ci arrivi”. Infatti fu fatto fuori l’8 gennaio del 1993 sotto casa.

Informazione e mafia. Informare sulla mafia, parlare della mafia, indagare la mafia è possibile oggi più di ieri? I new media, internet, i social network possono agevolare il contrasto alla cultura mafiosa? Il giornalismo d’inchiesta su questi temi, soprattutto in Sicilia, esiste ancora? E se esisteè stimolato, incoraggiato da quello che Sciascia definirebbe“il contesto” attorno?

Io penso che la rete possa fare la differenza. Quando ero piccola io non solo non c’era la rete, ma era anche difficile reperire informazioni. Oggi inserendo un nome e un cognome su un motore di ricerca puoi ottenere tantissime notizie in modo ampio e anche affidabile. Questa volontà di informazione da parte del singolo associata ad una seria attività di contrasto può portare a grandi traguardi. Io ho letto il libro straordinario di Lirio Abate I complici, come straordinario è anche Gomorra di Saviano. Tuttavia manca la continuità, non bastano due giornalisti, servirebbe un gruppo numeroso di giornalisti con la schiena dritta che non si spaventano di dire le cose come stanno, anche a costo del loro contratto. Questo manca. È triste anche il fatto che i giornali sono un po’ tutti uguali fra loro ed è altrettanto triste quello che è stato detto qualche tempo fa, cioè che molti direttori di giornale prima di fare le prime pagine si sentono tra loro. Questo è sicuramente deprimente e ci fa capire perché l’informazione della carta stampata sia in declino.

Io credo che bisognerebbe affidarsi di più all’attività dei cronisti d‟assalto, i cronisti di provincia che sono quelli che poi hanno il controllo del territorio, che sanno cosa accade a Sciacca, a Caltagirone, a Milazzo, a Terme Vigliatore o a Portopalo. Io diffido dalle grandi soluzioni e dai grandi progetti. Credo che questo paese abbia bisogno di grandi penne come Marco Travaglio, Peter Gomez, Gianni Barbacetto, Peppino Lo Bianco – non ne dico altri per non dimenticare nessuno – grandi scrittori, ma anche di quei corrispondenti di provincia che credo, soltanto loro, possano conoscere il territorio e possano fornire un quadro ben più ampio e preciso. Senza questo lavoro è difficile inquadrare il problema mafia nel contesto locale. Questo tassello manca o non è stato finora adeguatamente valorizzato e spero possa rivelarsi provvidenziale in futuro nel proseguo del giornalismo siciliano e italiano.

Estratto dal capitolo tre della tesi di laurea di Vincenzo Arena dal titolo: “Antimafia cross mediale. Cosa Nostra e l’informazione tra vecchi e nuovi media”- Università degli studi di Roma Tor Vergata – Corso di Laurea Magistrale in Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo, Cattedra di Giornalismo politico e radiotelevisivo – Relatore: Prof. Marco Frittella – Co-relatore: Prof. ssa  Claudia Gina Hassan – Anno accademico: 2008 – 2009

Sintesi

Il primo capitolo accompagna il lettore alla scoperta della storia della mafia siciliana dall’Unità ai giorni nostri e della sub-cultura mafiosa. I capitoli secondo e terzo sono il “cuore” della tesi: un’analisi approfondita sul ruolo della parola e del giornalismo d’inchiesta nel contrasto alle mafie. Sono svelati omertà, collusioni, connivenze del giornalismo italiano spesso schiavo delle logiche mafiose. Queste pagine raccontano anche le storie dei cronisti, dei reporter che hanno rischiato – a volte perso – la vita per “cacciare la verità”, per svelare le aberrazioni di cui Cosa Nostra s’è resa e si rende protagonista. Giornalisti veri, disposti a non piegare la schiena pur se pagati due, tre euro al pezzo. Ed ecco le interviste ai parenti di alcuni giornalisti morti in Sicilia fra i Settanta e i Novanta: Beppe Alfano, Peppino Impastato, Giovanni Spampinato, Pippo Fava. E ancora l’intervista a Pino Maniaci, direttore di Telejato, emittente locale di Partinico, spina nel fianco della mafia trapanese e palermitana. Nell’ultimo capitolo il tentativo di rispondere a un quesito inquietante: oggi la mafia ha vinto? La “borghesia mafiosa” (cfr. Umberto Santino) s’è radicata, diffusa economicamente, politicamente, geograficamente?

Indice della tesi

I CAPITOLO

Mafia. Storia e cultura

1.1. Mafia. definizione

1.2. Approccio allo studio della mafia

1.3. Mafia. Struttura e organizzazione

1.4. Breve storia della mafia

1.4.1. La mafia del feudo

1.4.2. Fascismo, secondo dopoguerra e mafia urbana

1.4.3. Dai Greco alla “strategia delle stragi”

1.4.4. Provenzano e la “strategia dell’immersione”

1.4.5. La mafia italo-americana

1.5. Mafia e politica

1.5.1. “Una mano lava l’altra”

1.5.2. Dall’omicidio Notarbartolo al “basso profilo” di Bernardo Provenzano

1.5.3. L’ipotesi di Buscetta: per le stragi mandanti politici?

1.6. Miti secolari e rapporti codificati

1.6.1. Il mito dei “Beati Paoli”e la singolare religiosità mafiosa

1.6.2. Rapporti mafia-comunità

1.6.3. Rapporti mafia-delinquenza

1.6.4. Rapporti interni alla mafia: segretezza, obbedienza e maschilismo

1.7. Cultura “di mafia”

1.7.1. Onore, dignità, rispetto

1.7.2. Omertà e pentitismo

1.7.3. Violenza, crudeltà, morte

1.8. Linguaggi e codici dell’ “onorata società”

1.8.1. I “pizzini” di Bernardo Provenzano

II CAPITOLO

Mafia e informazione. Testimoniare “la bellezza e l’inferno”

2.1. La “parola” testimone di libertà

2.2. “La bellezza e l’inferno”

2.3. Scrivere è resistere

2.4. Cross mediali per combattere il “mostro”

2.4.1. La soglia del silenzio

2.5. Cacciatori di verità

2.6. Continuare… per non dare l’anima

2.7. Giornalisti in Sicilia

2.7.1.Soli e “in squadra”

2.7.2 Fra mafia e politica

2.7.3. Il ruolo degli intellettuali e degli editori

2.7.4. E i mafiosi che dicono dei giornalisti?

2.7.5. Come s’informano i siciliani

III CAPITOLO

Giornalisti al fronte: uccisi, minacciati, censurati

3.1. Otto giornalisti ammazzati

3.2. Giuseppe Impastato: “Onda pazza” a Mafiopoli

3.2.1. “La borghesia mafiosa controlla anche i media”. Intervista a Giovanni Impastato

3.3. Pippo Fava e «I Sicliani» per bene

3.3.1. “La mafia non porta più la coppola, parla tre lingue e fa affari con industria e finanza”.   Intervista a Elena Fava

3.4. Beppe Alfano: un “almirantiano” deluso contro Cosa Nostra

3.4.1. “Internet e giornalismo locale possono essere provvidenziali contro la mafia”. Intervista   all’On. Sonia Alfano

3.5. Cronisti, oggi, in terre di mafia

3.5.1. “Il giornalismo italiano è asservito. Si possono battere le mafie solo se si è liberi”. Intervista a Pino Maniaci, direttore di Telejato

3.6. “Ossigeno per l’informazione”: un osservatorio per i cronisti minacciati e sotto scorta. Intervista ad Alberto Spampinato

CAPITOLO IV

Ieri e oggi. Combattere la mafia

4.1. Combattere la mafia

4.1.1. Combattere la mafia nel terzo millennio

4.2. “La mafia ha vinto”?

4.3. “Per non morire di mafia”

CONCLUSIONI

Bibliografia

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  •  Grasso, Pietro, Per non morire di mafia, in collaborazione con Alberto La Volpe, Trento, Sperling&Kupfer, 2009
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  • Siebert, Renate, La mafia, la morte e il ricordo, Roma, Rubbettino, 1995
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ALTRE FONTI

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  • Sciascia, Leonardo, “Papà Michele Greco e Licio Gelli”, «Corriere della Sera», 1 marzo 1986
  • Sciascia, Leonardo, “Michele il papa, Totò il senatore”, «L’Espresso», 11 maggio 1986
  • Sciascia, Leonardo, “I professionisti dell’antimafia”, «Corriere della Sera», 10 gennaio1987
  • Sciascia, Leonardo, “Contro la mafia in nome della legge”, «Corriere della Sera», 26 gennaio1987

SITOGRAFIA

  • http://www.epsilan.it/treccani
  • http://www.senzamemoria.wordpress.com
  • http://www.libera.it